Aganis
VASO IN CERAMICA
Il progetto si ispira alla figura delle Agane, creature del folklore pordenonese legate ai fiumi, descritte a volte come donne benevole e belle, altre volte come entità crudeli e terrificanti. Esse incarnano la doppia natura del fiume, che dà e toglie. Attraverso questa figura ambivalente, emerge una riflessione più ampia sul perché le Agane siano esclusivamente raffigurate come donne e su come, nella tradizione culturale, la Natura stessa sia così spesso femminilizzata.
Perché diciamo Madre Natura e non Padre Natura, seppur viviamo da secoli in una società patriarcale? Qualcuno potrebbero sostenere che sia dovuto alla capacità di procreare. Eppure, abbiamo a lungo creduto in un Dio Padre creatore, per questo motivo non c'è impossibile associare la capacità di procreare all'uomo. La distinzione, quindi, non sta nella capacità generativa, ma nelle qualità di imprevedibilità, mutevolezza e indomabilità che culturalmente attribuiamo sia alla natura che al femminile. Dio è uomo stabile, sicuro e immutabile. La Natura è donna imprevedibile, mutevole e duplice. Questa dualità ha a lungo plasmato la percezione delle donne come instabili, lunatiche o isteriche. Le Agane rendono evidente questa proiezione.
Nel vaso, la loro essenza è resa tangibile: un lato mostra il seno prosperoso - una caratteristica preponderante e costante nei racconti delle Agane, simbolo di bellezza, abbondanza e fertilità; l'altro lato rivela l'assenza del suo gemello, evocando mancanza, negazione e rottura. Attraverso questa assenza, la scultura esprime la duplicità intrinseca nell'archetipo femminile.
L'obiettivo del progetto è quello di rivendicare quell'instabilità, non come un difetto, ma come segno di resilienza, fluidità e capacità di adattarsi. Attraverso il linguaggio materico della ceramica, l'opera cerca di restituire dignità a una forza troppo spesso fraintesa: la forza mutevole del femminile e della natura stessa.



